GRAFFIO SCULTURE 2009/2012

GRAFFIO SCULTURE 2009/2012

GRAFFIO SCULTURE 2009/2012

… mi è capitato di esplorare quasi per caso, poi definire e adottare il graffio/scultura come alternativa e come approfondimento sperimentale di tecniche grafiche ormai codificate per la rappresentazione illusoria e bidimensionale di spazi prospettici.
Il supporto rigido, povero e combustibile viene violato da rapide e roventi “discate” e la tecnica diviene veloce, frenetica, irripetibile, incorreggibile, cruenta, rumorosa, indelebile, fumosa e odorosa al limite della tossicità.

Uso con animosità questa tecnica di intervento diretto che mi consente di rafforzare l’immagine grafica di una valenza oggettiva tridimensionale.
Il disco corre, affonda rumoreggiando nel “legnaccio” descrivendo segmenti e curve più o meno pesanti e, reduce da esperienze su ferro e pietra, mi convinco di scolpire un disegno con una grafia modulata e assoluta.

Nessun ripensamento e ferma destrezza rendono un’idea di immaginario bidimensionale sommario in una soluzione di impossibile rielaborazione.
Nessun intervento riparatore neppure per i rari e minimi interventi cromatici, si può solo andare “ancora avanti”!

Genova, 2012

 

AMBITI 2007/2010

AMBITI 2007/2010

Per comprendere la suggestione di una assenza penso e vedo la descrizione a compasso di un albero che schianta e lascia spazio libero, libera luce.

Per descrivere le mie convinzioni mi sfido a trattare elementi e materiali tradizionali, ciò mi fa sentire collegato al mio vivere la scultura da scultore autentico e mi fa stare bene.
…io voglio star bene!

…strano come per descrivere e raccontare uno spazio si debba obbligatoriamente costruirne i confini e creare suggestioni artificiali.

Ho lavorato trentacinque anni inseguendo un’arte fisicamente efficace, mi ritrovo ora a pensare che la scultura è “un’idea” emozionale che può esprimersi nell’inapparente.

Genova, 2008

DESCRITTORI DI SPAZI 2006

DESCRITTORI DI SPAZI 2006

Ho trascorso un lungo periodo senza riuscire a disegnare nulla, senza concentrazione verso tutto ciò che è rappresentazione di un fisico. Mi rammaricavo, sentivo la mia impotenza, il mio disinteresse e non capivo.

…mi interessa sempre più ciò che non si può descrivere.

Per uno scultore di provata tradizione ciò è destabilizzante. Amo la fisicità che mi ha alimentato ed inzuppato da subito del corpo tangibile ma tutto questo è ormai cornice di qualcosa di più alto, misterioso, difficile ed affascinante.

…descrivere un tragitto, un gesto, un’assenza.

Muovere un arto e colpire il nulla. Fendere una stanza roteando una catana.

…ogni fisicità che muove incide, squarcia, solca, segna lo spazio.

Albissola, 2006

 

FERRI PIETRE 2005/2006

FERRI PIETRE 2005/2006

Attraverso il linguaggio plastico-tridimensionale l’opera scultorea non ha più il distaccato compito
di descrivere, raccontare e far bella mostra di se attraverso l’abilità del suo autore bensì di suggerire, evocare, indurre al pensiero.

L’osservatore, attraverso il filtro delle sue sensibilità e tradizioni, è invitato ad “andare oltre” alla semplice contemplazione e adottare una visione più contemporanea creando lui stesso con l’opera una sorta di intimo
ed autonomo dialogo.

Per far si che ciò avvenga è indispensabile una disponibilità attiva all’ascolto, alla ricezione, alla rielaborazione e ad un elementare “distacco” dalla tradizionale visione della scultura e da come essa veniva generalmente e genericamente prefigurata.

In altre parole è necessario vivere l’opera ponendosi in condizione di libero abbandono da se stessi, spesso con il coraggio di cimentarsi a fluttuare nel proprio immaginario senza pregiudizi ne stereotipi, ascoltando il non ancora ascoltato.

Intendo le mie sculture come spunti, mai come preziosi, virtuosi, compiaciuti ed immobili oggetti fisici preposti all’arredo.

Se “ascoltiamo” lo spazio entriamo in una dimensione solo apparentemente fittizia.

…ciò che di più autentico distingue il vivente è il modo in cui inevitabilmente risponde allo “spazio” che vive.

Genova, 2005

 

CRANI E MACCHINE 2004/2005

CRANI E MACCHINE 2004/2005

Crani in movimento, pieni d’ottuso osso oppure vuoti come aria fresca.

Pieni compatti con la medesima struttura di vuoti leggeri. Proprio come quando, in passato, davo corpo alle ombre capovolgendo gli equilibri con forme surreali.

…guardo un poligono descritto da una serie di segmenti che si rincorrono, il tutto mi appare pieno anche se vuoto.

Cerco n equilibrio formale che mi acquieti. Cerco ciò che credo mi manchi, che mi rassicurerebbe dando sollievo alle mie ansie.

Intendo macchine che con la loro azione non producano nulla fuorché suggestioni.

Sculture attive che, con moti silenti e sonori, sappiano evocare e incuriosire.

Il movimento dona carattere e corpo agli spazi circoscritti che sino a poco prima apparivano immobili ed invisibili.

Albissola, 2005

 

NON PIU’ ELMI 2004

NON PIU’ ELMI 2004

…penso alle leve, alle macchine elementari, ai sistemi di bloccaggio, alle campagnole e funzionali soluzioni e credo che siano sculture senza corpo, sculture che non sanno di esserlo.

Sfioro la convinzione che l’opera autentica sia il movimento nello spazio e che tutto il resto che compone la scena fisica non sia altro che il suo indispensabile ed umile strumento.

L’idea e l’immaginazione progettuale sostituiscono il valore oggettivo della fisicità.

…ho chiuso lentamente le mie mani e mi è parso di vedere e di sentire lo spazio che si comprimeva. Lo imprigionavo, trattenevo una “vita spaziale”. Ho pensato fosse lui il vero ed unico protagonista della mia ricerca e qua la mente vola sino al ridicolo prefigurando il bastone che ruota e mescolando fumante polenta,
…la bolla è dinamica vita.

…lo spazio si impone sul corpo fisico.

Genova, 2004

 

ELMI IN PIETRA 2002/2003

ELMI IN PIETRA 2002/2003

Addentare una pietra l’ho già fatto altre volte ma, dopo anni, ricimentarmi in questa pratica mi ha entusiasmato. La polvere, il rumore, i pesi hanno mosso il mio interno.

Gli inserimenti tra blocchi, gli incastri, i meccanismi elementari giocati tra pietre differenti offrono variabili costruttive interessanti.

…agire la scultura, dare movimento, indurre un moto di forme e di pesi contrapposti, chiudere ed aprire, divaricare e serrare, avere possibilità, avere più versioni apre orizzonti che rispecchiano la libertà evolutiva della mente.

…una cosa può divenire un’altra cosa. Lezione antica ma quanto mai contemporanea.

…tutto, anche ciò che appare stabile, può cambiare, modificarsi, trasformarsi, aprire orizzonti e soluzioni nuove e impensate.

Chi gode la mia scultura non la dovrà sentire imposta, la potrà “agire”. Dovrà ricercare dentro di se gli echi che ha tenuto sopiti.

Genova, 2003

 

ELMI MOBILI 2000/2002

ELMI MOBILI 2000/2002

Difesa offesa, utilità fantasia, sono duplicità che convivono simbioticamente nell’Elmo e proprio l’Elmo riveste un ruolo primario in ogni mio pensiero sia ideativo che progettuale.

Oggi non penso in volumi ma in linee assolute, asciutte e segmentate delimitanti masse piene da masse vuote e che, come lame, ritagliano e contengono.

Ne derivano così opere che vivono ormai di sole assonanze.

Elementi articolati tra loro suggeriscono il secco rumore originato dall’arresto di un obbligato moto elementare.

Tocco, ruoto, sposto, interagisco con la scultura stessa, mi impossesso di lei. La reinvento e la riscopro continuamente.

Le varianti non creano più ansie ma entusiasmi.

Siena, 2001

 

ELMI 1997/2000

ELMI 1997/2000

L’elmo, da sempre, è un oggetto che, nelle sue più svariate fogge, racchiude il fascino della misteriosa polifunzionalità.

…con le sue differenziazioni estetiche testimonia i mutamenti dei gusti estetici, dei costumi, delle epoche, delle caste, delle tradizioni territoriali ed etniche, dei fantasiosi rituali e credenze scaramantiche.

L’elmo, oggi come ieri, è indubbiamente uno straordinario pretesto per fare arte palesemente finalizzata.

…offre spunti estetici illimitati, mai disgiunti da risvolti psicologici non comuni radicati nell’essere umano come la difesa, l’offesa, la distinzione, l’intimidazione, il mascheramento del reale sentimento, ecc.

…nella sua essenza di oggetto artistico, apre confini geometrico-volumetrici illimitati.

L’interpretazione di questo storico oggetto si offre ad una ricerca formale, creativa e tecnica tanto proficua e di sconfinato interesse quanto di ludica libertà espressiva.

Questo tema comprende lo studio e la sperimentazione indistinta di linee, volumi, cromie, dimensioni, materiali, meccanismi, spazialità d’interni e di esterni e superfici variamente trattate. Un vero jolly per una composizione artistica.

Se inconsapevolmente la scelta dell’elmo come pretesto artistico risponde a mie esigenze interiori, forse l’ultima scultura che realizzerò in questo ambito s’intitolerà “non più elmo” palesando l’agoniata e finalmente raggiunta fiducia nel tutto.

S. Gimignano, 1999

 

TASSELLI IN LEGNO E FIGURE SEDUTE 1995/1997

TASSELLI IN LEGNO E FIGURE SEDUTE 1995/1997

Scultura come atavica ed inconsapevole esigenza di tradurre un pensiero, un sogno ricorrente e l’emozionalità del semplice “fare”.

Ricerco l’inquietudine delle rigidità.
Ricerco le illusorie vibrazioni delle stabilità.
Ricerco il rispetto e la soggezione che incute tutto ciò che è fisso.
Ricerco il mistero dell’equilibrio compositivo nell’instabilità e precarietà degli assiemi spontanei.
Ricerco l’evento improgettabile di quando parti irregolari assemblate costruiscono elementi e forme forti, grevi, solide ed assolute, prive di inutili particolari come un umile quanto antico muro a secco, un nuraghe, un molo di riporto, un selciato.
Ricerco il finale, il solido, il risultato stabile.

…se giustapposti e convertiti a “far parte”, divengono indispensabili gli uni agli altri.

Ogni elemento prende vita solamente se assolve al suo compito, occupando il suo spazio assieme agli altri tasselli, mantenendo e valorizzando la propria preziosa unicità.

…ciò mi crea un moto d’animo forte, costruttivo quanto appagante, sicuro, definitivo perché provo soddisfazione nell’immaginare l’indistruttibile, forse l’eterno.

…diversi legni di differenti provenienze se accostati creano e compongono cromatiche geometrie non superficialmente applicate ma in profonda essenza.

La struttura è ferma ma muove, vibra nelle sue superfici aspre pittorico-materiche e nei suoi vuoti rigidamente ritagliati nei pieni.

Contenendo gli slanci emotivi entro rigide strutture, frutto di un lento operare, il fremito diviene una comunicazione non palese, ermetica e controllata, fatalmente colta come di fronte ad un vivificante “non finito” o ad un misterioso frammento mutilo.

Genova, 1995