ALBORI FIGURATIVI – 1972 / 1980

Il non avere esperienza nella lavorazione dei materiali e impiegare strumenti di fortuna mi riempie di tensione che spesso si traduce in carica positiva.

…credo che questa ansiosa tensione, testimone di alternante certezze a profonde paure, emerga nelle mie sculture.

Queste lavorazioni lente ma “di getto” mettono alla prova la mia idea di volumi e magicamente donano primordialità alle opere.

…forse non elegante, poco sapiente, poco paziente ma il risultato, così scabro e teso, esalta la struttura evidenziando il contenuto.

Scarnificando le superfici e facendo decadere il superfluo, voglio che le masse prevalgano.

La scultura che mi trovo ad amare voglio che resista al tempo, che non ne sia intaccata ma che ne testimoni il passaggio. Sono rapito da “ciò che rimane”.
Cimentandomi nella pratica per via di togliere, sia tecnicamente che concettualmente, più espressamente scolpire, mi entusiasmo all’inverosimile. Mi pare di intervenire direttamente negli elementi del mondo. Segno, ci sono, e mi faccio sentire, mi sento forte e spaventato come un primitivo.

Più la lavorazione si prolunga e più la mia idea si purga, è messa alla prova, e se la convinzione perdura e si accresce, il mio braccio si rinvigorisce sempre più, altrimenti tutto diviene più faticoso e inutile.

…quando mi siedo e respiro mi convinco di essere piccolissimo e che la scultura, per ora, è per me anche una battaglia contro il materiale che mi si oppone.

…penso agli antichi, prima mi esalto poi vorrei fare altro.

Genova, 1977